Nota 17314: quale destinazione d’uso per la sede degli ETS?

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, attraverso la Nota n. 17314 del 17 novembre scorso, ha definito l’ambito di applicazione dell’art. 71, co. 1 del Codice del Terzo Settore, ai sensi del quale le sedi degli ETS “e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee […], indipendentemente dalla destinazione urbanistica”.

Nota 17314 e Codice del Terzo Settore: ambito di applicazione soggettivo dell’art. 71, co. 1

L’individuazione dei sottoposti alla disciplina di cui all’art. 71, co. 1 risulta fondamentale “ai fini di una corretta definizione dei suoi effetti e della relativa durata”.

Introducendo una “disciplina speciale e derogatoria”, la disposizione estende la sua portata solo nei confronti degli Enti del Terzo Settore secondo la definizione dettata dall’art. 4 comma 1 CTS”, da quando la qualifica risulta acquisita e fino al momento in cui sussiste. Si tratta di:

  • organizzazioni in possesso delle caratteristiche indicate dalla norma e iscritti al RUNTS;
  • enti, “già iscritti nei pregressi registri speciali delle ODV e delle APS, i cui dati sono stati comunicati al RUNTS e la cui iscrizione è in attesa di perfezionamento”;
  • enti iscritti all’anagrafe delle Onlus fino al momento della prevista abrogazione del d.lgs. n. 460/1997”.

Conseguentemente, restano escluse Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche, qualora “non in possesso della qualifica di Ente del Terzo settore”, in quanto “presupposto ineludibile ai fini dell’applicazione della norma in parola”, tenuto conto che non “sarebbe ammissibile il riconoscimento di un effetto retroattivo” in caso di “successivo acquisto della qualifica di ETS da parte dell’ente”.

Nota 17314 e art. 71, co. 1: ambito oggettivo di applicazione

La portata della norma deve essere interpretata alla luce delle finalità ispiratrici della Legge Delega di Riforma del Terzo Settore (L. n. 106/2016), intenzionata a “promuovere e favorire e favorire le associazioni private che realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”.

Tutelando in maniera specifica gli “spazi utilizzati dagli ETS per lo svolgimento delle attività di interesse generale contro possibili scelte urbanistiche” in grado di “incidere negativamente su tali attività”, il legislatore ha voluto riconoscere “la superiorità del valore sociale” del loro utilizzo, “rispetto alle decisioni in merito alla destinazione urbanistica degli spazi medesimi”.

L’art. 71, co. 1 (così come “l’antecedente di cui all’art. 32, comma 4, l. n. 383 del 2000”), tenuto conto dell’importanza degli obiettivi perseguiti, consente che le sedi e i locali destinati all’attività possano essere collocati “in tutte le parti del territorio urbano e in qualunque fabbricato a prescindere dalla destinazione d’uso edilizio ad esso impressa specificamente e funzionalmente dal titolo abilitativo”.

Effetti e portata dell’art. 71, co. 1 per Enti del Terzo Settore

Posto che l’intento non sia quello di disciplinare “l’uso del territorio in quanto tale, ma di prevedere un trattamento speciale in favore di certe categorie di soggetti”, il comma 1 deve ritenersi derogatorio “e non come una norma con natura urbanistica vera e propria”, non avendo il potere di determinare in modo permanente “il cambio di destinazione d’uso dei locali in cui si svolgono le attività istituzionali degli enti del Terzo Settore”, né di produrre effetto successivamente, anche nei riguardi di altri “utilizzatori dei locali […], privi della qualificazione di ETS”.

Ammettere il cambio di destinazione d’uso significherebbe eluderne la portata (valida solo nei confronti degli Enti del Terzo Settore, limitatamente “al tempo di utilizzo dei locali”), attribuendo alla norma valore stabile, “anche a beneficio di un ente non qualificabile come ETS che in futuro si trovi ad utilizzare i medesimi locali svolgendovi analoga attività”. Senza contare che darebbe origine ad “un’interpretazione difforme dalle finalità della norma”, estendendone l’applicazione, “con conseguente sua trasformazione in norma di carattere generale”.

Sostenendo la compatibilità con qualsiasi destinazione d’uso, la disposizione tutela la possibilità per gli ETS “di svolgere le proprie attività statutarie nei locali dei quali hanno la disponibilità”, senza che occorra “modificarne la destinazione d’uso”, ma tale regime di favore “non può essere inteso come una deroga generalizzata alle disposizioni in materia di titoli abilitativi edilizi o come un’autorizzazione preventiva a qualsiasi attività costruttiva eseguita per iniziativa degli Enti del Terzo settore”.

Nota 17314, Codice del Terzo Settore e nuove costruzioni

Vista la sua natura speciale e di favore verso “determinate categorie di soggetti rispetto alle strutture esistenti nella disponibilità di quest’ultimi”, non si ritiene ammissibile estendere la portata dell’art. 71, co. 1 sino a “consentire nuove costruzioni in assenza del rilascio dell’apposito titolo edilizio”.

Non si tratta di una disciplina relativa all’uso “del territorio con effetti generalizzati e permanenti”, né di una modifica della destinazione “al di fuori delle disposizioni che disciplinano la materia”. Si assiste, di conseguenza, al “pieno riespandersi della normativa urbanistica ove l’ente dovesse perdere la propria qualifica, o qualora i locali dovessero essere utilizzati per altro fine o da altro soggetto non qualificato”, in modo da non pregiudicare “l’applicabilità di altre disposizioni poste a tutela di beni costituzionali ugualmente protetti quali la salute e la sicurezza degli utilizzatori e dei terzi”.

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