Analizzati i chiarimenti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali resi circa ordinamento ed amministrazione degli Enti del Terzo Settore contenuti nella nota 18244 del 30 novembre scorso, approfondiamo ora le tematiche che lo stesso Dicastero ha affrontato in relazione al “ruolo dei volontari e, più specificatamente, al loro prevalente apporto per alcune categorie particolari di ETS”.
La disciplina dei volontari/lavoratori negli ETS secondo la nota 18244
“Criteri da utilizzare ai fini del calcolo nelle ODV e nelle APS delle percentuali di cui rispettivamente agli articoli 33 comma 1 e 36 ultimo periodo del Codice del Terzo settore”
Secondo quanto previsto dal D. Lgs. n. 117/2017, le Organizzazioni di Volontariato e le Associazioni di Promozione Sociale “si caratterizzano […] per il fatto di avvalersi prevalentemente, nello svolgimento delle rispettive attività, dell’operato volontario dei propri associati diretti e indiretti”, assoggettandosi conseguentemente a molteplici vincoli, “sia funzionali che numerici”, nell’instaurazione di rapporti lavorativi.
Per quanto concerne la possibilità di utilizzare il cosiddetto “criterio per teste” in riferimento al calcolo dei volontari di cui agli articoli 33 e 36 del Codice del Terzo Settore, la nota 18422 sottolinea come “il dato numerico cui fare riferimento e rispetto al quale ricavare le percentuali” sia quello degli iscritti nel registro dei volontari ed eventualmente in quelli degli enti aderenti “di cui effettivamente l’ente si avvalga”.
Tale parametro deve quindi ritenersi applicabile, non implicando oneri aggiuntivi e consentendo di tener conto dell’apporto di ciascuno, pur nella consapevolezza della variabilità dell’impegno fornito.
“Nozione di lavoratore da utilizzare ai fini del computo delle percentuali nelle ODV e nelle APS di cui rispettivamente agli articoli 33, comma 1 e 36 ultimo periodo del Codice del Terzo settore”
Il concetto di lavoratore da adoperare per il computo delle percentuali previste dagli articoli 33 e 36 del D. Lgs. n. 117/2017 è ricavabile dall’art. 8, co. 6, lett. r) del D.M. n. 106/2020 in tema di iscrizione al RUNTS, secondo il quale ci si deve riferire unicamente “ai soggetti dotati di una pozione previdenziale”: lavoratori dipendenti e parasubordinati, “con esclusione pertanto dei lavoratori occasionali o di quanti svolgono una tantum prestazioni lavorative di carattere autonomo” nonché di coloro che pur avendo “un rapporto di lavoro con l’associazione, si trovano in posizione di comando presso altro ente, i cd. “comandati o distaccati out”, a condizione che i distacchi siano “formalizzati, documentabili, ed effettuati nel rispetto delle previsioni di legge”.
Eventuali verifiche non verranno eseguite dagli uffici del RUNTS durante la procedura di iscrizione oppure a seguito di aggiornamento, ma potranno essere invece disposte durante il “controllo periodico ai fini del permanere della sussistenza dei requisiti”, ferma restando la possibilità di accertamenti d’ufficio.
Sono invece da includere i ”comandati/distaccati in”, vista la loro effettiva operatività all’interno dell’ente, “in grado di incidere sullo svolgimento delle attività, tanto di interesse generale quanto diverse”.
“Possibilità che gli associati di una ODV svolgano per conto della stessa una prestazione lavorativa retribuita (di natura dipendente o autonoma)“
L’eventualità di fare ricorso a prestazioni retribuite dei propri soci da parte di Organizzazioni di Volontariato va valutata tenuto conto delle loro particolarità rispetto agli altri Enti del Terzo Settore.
Se per alcuni elementi è possibile rinvenirne un parallelismo con la disciplina delle Associazioni di Promozione Sociale (ad esempio entrambe “hanno forma giuridica necessariamente associativa” e sono sottoposte a limitazioni per quanto riguarda “la tipologia di enti che possono accedere alle rispettive basi associative”), per altri vige una diversità connaturata alle caratteristiche propria di ciascuna organizzazione.
Comune ad entrambe è “la necessaria prevalenza delle attività svolte volontariamente dagli associati e la connessa individuazione […] di limiti al ricorso a prestazioni lavorative retribuite”.
Nello specifico, tuttavia, la disposizione normativa che permette alle APS di avvalersi “delle prestazioni lavorative retribuite dei propri associati, collocata all’art. 36 e quindi avente carattere speciale” non è riscontrabile nella regolamentazione delle Organizzazioni di Volontariato.
Di conseguenza, l’estensione della facoltà concessa alle APS è impraticabile, in quanto, se in via teorica è possibile colmare per analogia “un eventuale vuoto normativo presente nella disciplina di una determinata fattispecie”, non è consentito modificare “la portata di una disposizione esistente”; né “il carattere speciale di una norma riguardante uno specifico ente” deve ritenersi suscettibile di “estensione per analogia a soggetti diversi da quelli per cui la stessa è posta”.
L’equiparazione tra i rispettivi regimi non può quindi considerarsi legittima.
Per quanto riguarda gli altri Enti del Terzo Settore invece, in assenza di dettami sul punto, si deve ritenere che nei loro confronti “trovi spazio il generale principio di autonoma degli enti all’interno dei limiti stabiliti dalla legge”.
Approfondite le tematiche sui volontari, nelle prossime settimane pubblicheremo il nostro ultimo contributo sulle risultanze della nota 18244, in tema di Registro Unico Nazionale del Terzo Settore e reti associative.
Questo approfondimento è stato realizzato in collaborazione con la Dott.ssa Mimma Sgrò.
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