Il lavoro nel mondo dello Sport: meglio conoscere con precisione prima di esprimere giudizi?

Nei giorni passati abbiamo scritto alla redazione di “repubblica.it” allo scopo di replicare ad un loro articolo dal titolo “Sottopagati e senza garanzie: l’esercito invisibile dei lavoratori nello sport“, pubblicato lo scorso 27 maggio. Non sappiamo se quanto inviato alla redazione porterà alla pubblicazione della nostra opinione (evidentemente circostanziata), motivo per cui abbiamo deciso di procedere in autonomia alla divulgazione diretta del nostro pensiero, confidando nella diffusione (ci auguriamo virale) di quanto riteniamo doveroso precisare, oltre che (a parere di chi scrive) evidentemente corretto.

Nell’articolo l’autrice Barbara Ardù descrive come il Segretario Generale della CGIL abbia esposto alcune considerazioni sul mondo dello sport. Queste indicazioni, del tutto preoccupanti, ci risultano tuttavia lontane dalla realtà, o quantomeno distanti “anni luce” dalle realtà che ANG&OS (Associazione di cui sono il Segretario Nazionale e della quale Stefano compone il Comitato Scientifico) conosce e rappresenta.

La nostra Associazione di categoria ha sempre messo l’etica ed il rispetto delle regole al primo posto, consapevoli che l’attività sportiva autentica debba trasmettere oltre che il benessere fisico anche l’importanza ed il rispetto delle norme e delle regole.

Nel merito, ad eccezione del passaggio nel quale si auspica una maggiore chiarezza ed un maggiore rispetto delle regole (più che mai condivisibile), non possiamo non esprimere il disappunto per quanto dichiarato, impossibile da tacere!

Il Segretario Generale della CGIL parrebbe infatti male informato quando parla di un contratto collettivo molto datato: non a caso le strutture dei nostri associati applicano oramai da tempo il CCNL sottoscritto il 22/12/2015 da tutti i sindacati dei lavoratori (compresa quindi la CGIL). Proprio sul website di CGIL (e più precisamente QUI) è scritto il contrario. Non è forse già questo un paradosso?

Ancora meno condivisibile è il passaggio circa gli sport professionistici ed il rimando alla potestà normativa delle Federazioni in materia di lavoro: questa interpretazione, infatti, risulta ormai superata da tempo, ed è del tutto chiaro, come evidenziato da più esperti (molti dei quali del nostro Comitato Scientifico), come la definizione di “sport dilettantistico” non possa incidere sulla corretta (e doverosa) applicazione degli istituti contrattuali e soprattutto sulla disciplina del “rapporto di lavoro”. Abbiamo, in numerose occasioni anche pubbliche, affermato con forza che non è possibile utilizzare i rimborsi sportivi (ex lege 342/2000) quando la collaborazione si sostanzia in un rapporto di lavoro (di fatto), nel solco di quanto dichiarato in molte sentenze e di quanto un minimo di etica professionale deve evidenziare.

Appare poi meramente sensazionalistico, e dubitiamo che ciò sia riferibile alle valutazioni dello studio commissionato da CGIL, accomunare il cosiddetto “mondo sportivo” ai servizi di massaggio degli alberghi ovvero dell’intrattenimento sotto l’ombrellone. Certamente suggestivo e di grande effetto, ma non pare certo lusinghiero per il Segretario di un autorevole sindacato che, riteniamo, non possa giungere ad approssimazioni tali da accumunare, in uno studio scientifico-statistico, attività sportive ed attività non sportive.
Certamente non sono escluse dal mondo le aberrazioni, ma come tali debbono essere trattate, e non certo farne la metodologia – oltremodo populista e demagogica – di approccio ad una realtà tanto complessa e tanto diffusa nella fruizione.

Se qualcuno opera nel totale spregio di quanto le norme e la Costituzione chiarisce (lavoro = contributi) questo non significa che sia possibile accumunare tutti gli operatori corretti (e ce ne sono molti) a chi sbaglia (e forse pure consapevolmente). Il mondo sportivo (ed il terzo settore in genere) opera anche grazie al volontariato, quello vero, non sottopagato, perché il volontario vero non è pagato … O no? Forse questo merita (almeno un pò) rispetto?

Per questa ragione si ritiene grave ed inaccettabile l’ennesimo intervento a gamba tesa di soggetti che forse non conoscono il mondo dello sport (se non attraverso un solo e limitato studio di cui non si conoscono però i criteri nè gli elementi di analisi) e forse si ricordano dell’ esistenza di quel mondo solo quando si rendono conto di quanti cittadini sono coinvolti in questo comparto, quale valore di prevenzione esso possa rappresentare (miglioramento della salute, “formidabile farmaco” di prevenzione facilmente prescrivibile, che unitamente ad altri sani stili di vita può migliorare davvero la salute alla persona), quindi quanti risparmi per la sanità pubblica possa rappresentare.
A meno che le ragioni siano solo e soltanto quelle di volersi accaparrare spazi sui media. Ma non crediamo sia questo il caso né la necessità di una delle più importanti organizzazioni sindacali a livello Nazionale.

Abbiamo segnalato più volte, per il tramite del nostro Comitato Scientifico, come i sindacati abbiano sempre considerato poco (o forse “snobbato”) questo mondo, tagliando fuori dalle contrattazioni un’Associazione “sindacale” come ANG&OS, che conosce e rappresenta realmente il mondo degli sportivi, per consentire a sigle di tutt’altra natura di occupare questo spazio.

Fa quindi riflettere ancor di più che l’ultimo contratto collettivo (quello ignorato …) sia stato siglato tra Confcommercio (per i datori di lavoro, che nel mondo sportivo in larghissima misura sono enti non commerciali) e la sigla CGIL che si occupa di comunicazione.

Concludendo ANG&OS è assolutamente disponibile a discutere e dialogare con chiunque abbia il desiderio ed il piacere di avvicinarsi al mondo dello sport con serietà, rispetto e severità, ma allo stesso tempo terrà una posizione altrettanto ferma ed intransigente con chiunque, dimostrando di non conoscere minimamente i fatti, lanci delle accuse infondate al “nostro” mondo,  che seguiamo con passione e dedizione da molti anni.
Alberto Gambone

A più di tre settimane dalla nostra comunicazione, l’unica risposta che siamo stati “degni” di ricevere precisa che trattasi di “polemica” che l’autore “non può risolvere”, senza minimamente entrare nel merito “pratico” della questione.

Ci auguriamo l’epilogo finale con “repubblica.it” possa essere diverso, ma così non fosse auspichiamo che tutti coloro che condividono questo scritto possano aumentarne la diffusione.

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