Riforma del Terzo Settore, ARTICOLO 6: l’impresa sociale

La legge delega al Governo la riforma dell’impresa sociale: cos’è? In quali settori può operare? Quali sono i suoi obblighi? Chi può assumerne le cariche sociali?

Il testo approvato dalle Camere per la Riforma del Terzo settore, della quale QUI abbiamo iniziato l’analisi, giunge oggi allo studio dell’articolo 6, dedicato all’impresa sociale. Dato oramai per assodato lo scarso appeal di questa figura giuridica istituita con la legge 155 del 2006, i decreti legislativi che dovranno attuare le volontà dell’Esecutivo avranno l’obbligo di ridefinire l’istituto tenendo conto che trattasi di una “organizzazione privata che svolge attività d’impresa per le finalità di cui all’articolo 1, comma 1 …” e che “… destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell’oggetto sociale …, adotta modalità di gestione responsabili e trasparenti, favorisce il più ampio coinvolgimento dei dipendenti, degli utenti e di tutti i soggetti interessati alle sue attività …“, rientrando dunque a pieno titolo tra gli Enti del Terzo settore.

A partire dalla sua definizione, contenuta nel punto a) dell’art. 6, evidenziamone i tratti distintivi:
– i settori in cui queste imprese potranno operare saranno individuati con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (da adottarsi su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali una volta acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti) tenuto conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale così come indicate anche dal D. Lgs. 460/97 e dal D. Lgs. 155/06 (ex art. 4 co. 1 lett. b della Riforma);
– obbligo di redazione del bilancio ai sensi degli art. 2423 e seguenti del codice civile (in quanto compatibili) nonché di trasparenza relativamente ai limiti di remunerazione delle cariche sociali e di retribuzione dei titolari degli organismi dirigenti;
– destinazione prioritaria degli utili finalizzata al conseguimento dell’oggetto sociale con possibilità di remunerazione del capitale investito nella misura pari a quanto oggi in vigore per le cooperative a mutualità prevalente e divieto di ripartizione degli avanzi di gestione;
– aumento delle categorie di lavoratori svantaggiati tenendo conto anche delle nuove forme di esclusione sociale;
– la qualifica di “impresa sociale” dovrà essere acquisita di diritto da parte delle cooperative sociali e dei loro consorzi, e le sue cariche sociali (nel rispetto del D. Lgs. 39/2013) potranno essere assunte da imprese private ed amministrazioni pubbliche “salvo il divieto di assumerne la direzione, la presidenza e il controllo“;
– coordinamento della disciplina dell’impresa sociale con il regime delle attività d’impresa svolte dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale;
– previsione di uno o più sindaci allo scopo di vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto.

Riusciranno i decreti legislativi ad incentivare l’utilizzo di questa forma giuridica?

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