Quanto può durare una verifica fiscale presso una Associazione non profit (oppure una S.R.L. sportiva)?

Come in più occasioni ci è capitato di raccontare, può accadere che un Ente (sia esso un’Associazione non profit o una Società Sportiva Dilettantistica) sia sottoposto ad una verifica fiscale. Ebbene, al di là di tutte le considerazioni già esposte relative al merito, nei fatti … quanto tempo può durare questa verifica?

Partiamo dalla norma di riferimento. Legge 27 luglio 2000 n. 212 intitolata “Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente” (pubblicata in G.U. n. 177 del 31.7.2000), art. 12 (Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali) comma 5: “La permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio …”.

PRIMA CONSIDERAZIONE
Pare evidente che lo scopo del dettato normativo fosse quello di tutelare il contribuente dai possibili disagi che la permanenza continuata nel tempo di ispettori del Fisco potrebbe arrecare al regolare svolgimento di qualsivoglia attività. Letta la norma di legge e inteso il senso della stessa quindi agevole sembrerebbe la risposta al titolo del post, ma …

NOVITÀ
Già, c’è un ma, dal momento che la Corte di Cassazione con la recentissima sentenza n. 26732 del 29 novembre 2013 ha sancito il principio in base al quale il tempo massimo previsto per la durata delle verifiche fiscali (i sopra indicati “trenta giorni lavorativi”) ha natura ordinatoria e non perentoria, con la conseguenza che gli eventuali atti compiuti decorso il citato termine sono in ogni caso da considerarsi pienamente legittimi (a riguardo precisiamo che la fattispecie che ha originato il pronunciamento di cui sopra ha preso spunto da un avviso di accertamento emesso da Agenzia Entrate nei confronti di una Associazione).

CONSEGUENZE
A giudizio della Suprema Corte quindi, il termine indicato dalla norma relativo alla permanenza massima degli ispettori presso la sede di un soggetto sottoposto a verifica ha natura meramente ordinatoria (e dunque non tale da determinare l’invalidità di eventuali atti successivi alla sua scadenza) dal momento che “nessuna disposizione lo dichiara perentorio, o stabilisce la nullità degli atti compiuti dopo il suo decorso, né la nullità di tali atti può ricavarsi dalla “ratio” delle disposizioni in materia di potere accertativo fiscale a fronte del disagio arrecato al contribuente dalla più lunga permanenza degli agenti dell’Amministrazione” (questo in virtù del fatto che i Giudici hanno nella loro sentenza sottolineato la differenza tra il concetto di “permanenza”, indicato nella norma, e quello di “durata complessiva della verifica”). Non solo: proseguono infatti i Giudici precisando come il legare l’eccessiva permanenza dei verificatori alla nullità di un avviso di accertamento risulterebbe eccessivo in quanto metterebbe sul medesimo piano la legittimazione al potere accertativo dell’Ufficio con il semplice disagio arrecato al contribuente dalla maggior permanenza dei verificatori.

COSA RIMANE INVARIATO
Nessuna nuova interpretazione invece è emersa relativamente al comma 7 dell’art. 12 della citata legge, in base al quale: “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

PRECISAZIONE
A contorno di quanto sopra indicato precisiamo inoltre che la Suprema Corte di Cassazione attraverso l’ordinanza n. 28188 del 17 dicembre 2013 (data successiva all’uscita di questo articolo, che aggiorniamo oggi, mercoledì 18.12.13) ha stabilito che le perquisizioni/ispezioni della polizia tributaria sono illegittime e non possono essere utilizzate ai fini di un accertamento fiscale qualora il decreto di autorizzazione concesso dalla Procura non risulti adeguatamente motivato sulla base di gravi indizi di evasione.

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