Atto finale: i giudici chiariscono la differenza tra collaboratore autonomo e dipendente

Cari lettori, immaginiamo che una buona parte di Voi attendesse con impazienza questa nostra nuova uscita … Se non siete tra quelli leggete prima questo articolo.

Riannodiamo le fila del discorso: nell’aprile 2013 il Tribunale di Ancona si è pronunciato su di un ricorso promosso dalla Direzione Provinciale del Lavoro contro un’Associazione Sportiva Dilettantistica attraverso il quale la parte ricorrente mirava a far riconoscere la “sussistenza di rapporti di lavoro subordinato tra la Associazione Sportiva Dilettantistica ______ e gli istruttori che operavano nella palestra gestita da tale associazione, disconoscendo la validità dei contratti di conferimento di incarico per la promozione dello sport dilettantistico … per effetto della negazione della natura giuridica di associazione sportiva dilettantistica della ricorrente qualificata quale società commerciale con processo verbale dell’Agenzia delle Entrate del …”.

Quali siano state le determinazioni del Giudice circa la facoltà di Agenzia Entrate di qualificare un’Associazione come sportiva dilettantistica ai fini dell’operatività o meno delle agevolazioni fiscali le abbiamo già diffusamente precisate nel precedente articolo (consultabile qui). È dunque giunto il momento di trattare il secondo profilo, quello forse più delicato, relativo all’applicabilità al caso di specie dei rimborsi ex lege 342/2000 (i famosi 7500 euro) agli istruttori sportivi dell’ASD resistente.

Sul punto il Giudice afferma in prima battuta che “è pacifico che grava sulla Direzione Provinciale del Lavoro la prova della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra l’associazione e gli istruttori”: in altre parole, a prescindere dalla possibilità o meno in capo alla ASD di compensare i propri collaboratori tecnici con i rimborsi sportivi (qui i giudici hanno spiegato i limiti di applicazione dei 7500 euro), la prova della sussistenza di differenti rapporti di lavoro tra l’Ente e gli istruttori spetta in ogni caso alla parte ricorrente (DPL). Partendo da questo presupposto, muovendo dall’assunto in base al quale “la giurisprudenza … ritiene che l’elemento principale per individuare un rapporto di lavoro subordinato consiste nella subordinazione, intesa come assoggettamento tecnico e disciplinare alle direttive del datore di lavoro ”, il Giudicante ha proseguito individuando i criteri in base ai quali sarebbe stato possibile verificare la sussistenza o meno (anche nel caso di specie) di un rapporto di lavoro subordinato.

In questa direzione ha dichiarato che sussistono  “tre insiemi distinti di criteri, in un preciso ordine gerarchico:
1) i criteri che riguardano il vincolo della subordinazione in sé, quali l’assoggettamento, il modo delle direttive, l’esistenza di un potere disciplinare, di controllo e vigilanza;
2) i criteri esterni rispetto al contenuto dell’obbligazione che sostituiscono il criterio principale o lo rafforzano in caso di sua attenuazione, come la continuità, l’inserimento, la collaborazione;
3) i criteri residuali, che hanno soltanto la funzione di rafforzare i precedenti ma non possono sostituirli, come l’orario di lavoro prestabilito, la retribuzione predeterminata e a cadenza fissa, il nomen iuris dato dalle parti”.

Questi criteri si fondano sul presupposto in base al quale la medesima attività possa essere svolta in regime di subordinazione, di autonomia oppure ancora di altro titolo, e ciò a seconda di “come concretamente si configuri la prestazione, in dipendenza dalla volontà delle parti e dalle condizioni oggettive”. Questo dal momento che, prosegue la sentenza, “ex art. 1322 c.c. le parti hanno la libertà non di nominare come che sia il contenuto del loro contratto, ma di scegliere se svolgere la prestazione lavorativa convenuta secondo le modalità proprie del tipo legale della subordinazione o del lavoro autonomo, apprestandone coerentemente gli strumenti fattuali propri del tipo giuridico prescelto”.
Nel caso di specie, in relazione a questi aspetti, “ … i vari istruttori hanno evidenziato:
– di avere fatto presente di non potere assumere un impegno fisso essendo interessati a gestirsi con libertà secondo le proprie esigenze in quanto alcuni avevano altre attività anche come lavoratori dipendenti (dichiarazione …);
– di potersi assentare senza previa autorizzazione e senza giustificare le assenze avvisando più che altro per cortesia e senza preoccuparsi di trovare un sostituto che veniva reperito in alcuni casi dal Presidente (dichiarazione …);
– di avere deciso liberamente gli orari e i giorni delle lezioni concordandole con il Presidente che elaborava il programma annuale (dichiarazione …);
– di essere del tutto autonomi nella gestione della propria attività sportiva (dichiarazione …)”,
circostanze del tutto inconciliabili con l’esercizio del potere di controllo proprio del datore di lavoro in un rapporto di lavoro subordinato.

In buona sostanza quindi, ferme tutte le considerazioni da noi già diffusamente trattate qui, se un istruttore sportivo ha un’altra “attività di lavoro”, nell’ambito della prestazione sportiva è libero di assentarsi senza preavviso/giustificazione e decide liberamente gli orari essendo altresì autonomo nella gestione della propria attività sportiva, senza dubbio esso potrà ricevere i famosi rimborsi sportivi esenti fino a 7.500 euro/anno ex lege 342/2000, sempre che l’Associazione o Società Sportiva Dilettantistica siano iscritte al registro CONI e rispettino le procedure gestionali e la normativa vigente.

Per tutti coloro che intendessero verificare la gestione della loro Associazione/Società Sportiva abbiamo ideato un check di cui seguono specifiche. L’intervento proposto prevede:
– invio da parte nostra via mail di apposito questionario in formato excel;
– trasmissione sempre a mezzo mail del questionario compilato unitamente ad una copia di statuto;
– call conference su skype dedicata all’analisi del questionario, della gestione dell’Associazione ed alle eventuali criticità riscontrate, con verifica delle possibili soluzioni operative;
– predisposizione, nell’arco dei 5 giorni lavorativi successivi alla call, di apposita relazione corredata dall’indicazione delle corrette modalità gestionali.

Per maggiori informazioni sul check, cliccate QUI mettendo come oggetto “info check”.

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9 commenti

  1. Grazie di cuore Gabriele. sarebbe fantastico se realizzassi video o degli audio con queste spiegazioni messe in modo chiaro conciso e sintetico con poi possibilità di approfondire sui testi del sito!

  2. Buongiorno,
    Leggo sempre con piacere i vostri articoli, complimenti. Volevo farvi una domanda: ho un collaboratore (insegnante di ginnastica per anziani) che attualmente è disoccupato e che, per vivere, tiene proprio questi corsi per 3 associazioni differenti (nel mio caso si parla di un importo limitato, circa 1500€ per la gestione del corso annuale, e credo altrettanto per la altre associazioni in quanto non supera i 7500€/anno di compensi), in questo caso, non avendo un lavoro principale, potrebbe essere visto come lavoro subordinato? Situazione analoga per un allenatore calcio in cassa integrazione.
    Grazie mille e buona giornata,
    Antonio.

    1. Buongiorno Antonio e grazie.
      Per il lavoratore in cassa integrazione non ci dovrebbero essere problemi in quanto i rimborsi sportivi sono un reddito diverso e non di lavoro.
      Per la persona disoccupata invece, non essendo soddisfatti i requisiti, non supererei i 4000-4500 euro/anno.
      I migliori saluti,
      Gabriele Aprile

  3. Buon giorno,
    i Vostri articoli non finiscono mi di stupirmi per la tempestività la qualità e la competenza che dimostrate; complimenti.

    angelo ferrari

  4. grazie per le precisazioni, come sempre in Italia vale tutto ed il contrario di tutto, quindi riuscire a stare davvero "in regola" è un terno al lotto. Le mie domande sono le seguenti:
    1) se la legge dei compensi sportivi prevede addirittura di superare come compenso annuo la soglia dei 30milae rotti euro (infatti precisa quali tassazioni devono essere fatte in base allo scaglione di reddito raggiunto), chi, secondo questa legge, puo' collaborare per "hobby" per tale cifra avendo quindi un lavoro principale con il quale supera queste entrate sportive? Si parla di multimiliardari con il pallino dell'allenatore?
    – se un direttore tecnico riceve un compenso rilevante (diciamo intorno ai 4-5mila euro mensili) per il suo impegno nell'associazione, seppur lavora non in regime di subordinazione in quanto anche docente part time a scuola, quale puo' essere la forma alternativa di contratto?

    Grazie

    Lucia Uggè

    1. Buongiorno Lucia e grazie per il commento.
      Premesse le condizioni per poter percepire i rimborsi ex lege 342/2000 già precisate in più articoli (questo un esempio http://www.tuttononprofit.com/2013/05/istruttori-sportivi-e-personal-trainer.html), riteniamo indispensabile che il reddito di lavoro del collaboratore sportivo sia superiore ai rimborsi sportivi percepiti, anche perchè, diversamente, il lavoro del soggetto in questione sarebbe nella sostanza dei fatti quello dell'istruttore sportivo.
      I migliori saluti,
      Gabriele Aprile

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