Accertamenti fiscali ad Associazioni e Società non profit: ulteriori approfondimenti

Cari lettori, non siamo nuovi a portare alla Vostra attenzione il crescente fenomeno degli accertamenti fiscali nei confronti delle Associazioni senza finalità di lucro, siano esse sportive, culturali, di promozione sociale, … o delle Società Sportive Dilettantistiche. Negli ultimi mesi però gli accessi degli Ufficiali Accertatori sono andati via via esponenzialmente aumentando e molti soggetti sensibili all’argomento hanno prodotto articoli come EVASIONE: Accertamenti mirati anche per gli enti non profit, Agenzia delle Entrate: più controlli sul non profit e ancora Associazioni no profit: linea dura dell’Agenzia delle Entrate.

In questa linea a nostro avviso occorre fare una duplice serie di considerazioni:
– è assolutamente indubitabile che numerosi soggetti abbiano nel corso degli anni abusato di taluni strumenti agevolati previsti dalla legge al fine di ottenere un guadagno personale. Ebbene, non solo per etica è giusto che questi soggetti paghino per gli abusi perpetrati;
– è altrettanto assolutamente indubbio che non si possa “fare di tutta l’erba un fascio”, condannando in via preventiva tutti gli Enti di tipo associativo quali “evasori” al solo fine di placare la sete di denaro degli organi accertatori.

Per chi volesse verificare la corretta gestione della Associazione di cui fa parte, riprendiamo queste considerazioni sul fondo con lo stesso colore.

Sotto questo profilo, allo scopo di fornire strumenti utili di ragionamento e valutazione a coloro che operano nel settore, portiamo alla Vostra attenzione la recentissima sentenza n. 24898 del 6 novembre 2013, con la quale la Corte di Cassazione ha sancito la legittimità dell’accertamento induttivo nei confronti di una associazione sportiva dilettantistica che svolga attività di natura commerciale. Con la citata sentenza, la Corte di Cassazione ha riconosciuto che nell’ipotesi (assolutamente possibile) di svolgimento di attività di natura commerciale da parte di una associazione sportiva dilettantistica in difetto della tenuta delle prescritte scritture contabili, sia legittima una ricostruzione in via induttiva del reddito della stessa, con conseguente determinazione di una maggiore IRPEG, una maggiore IRAP, una maggiore IVA ed con la relativa irrogazione di sanzioni.
Per maggior chiarezza, allo scopo di fornire ulteriori spunti di riflessione ed analisi, riportiamo di seguito alcuni passi della citata sentenza.

Gli enti di tipo associativo possono infatti godere del trattamento agevolato previsto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 111 (in materia di IRPEG) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4 (in materia di IVA) – come modificati, con evidente finalità antielusiva, dal D. Lgs. n. 460 del 1997, art. 5 – a condizione non solo dell’inserimento, negli loro atti costitutivi e negli statuti, di tutte le clausole dettagliatamente indicate nell’art. 5 del D. Lgs. n. 460 cit., “ma anche dell’accertamento – effettuato dal giudice di merito con congrua motivazione – che la loro attività si svolga, in concreto, nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nelle clausole stesse: in applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza appellata che aveva riconosciuto il trattamento agevolato ad un associazione sportiva dilettantistica, sulla sola scorta dell’accertata appartenenza ad una delle categorie previste dalle citate disposizioni e della conformità dello statuto alle norme stabilite per il riconoscimento della relativa qualifica” (Cass. n. 11456 del 2010)”.

In altre parole: non è sufficiente che atto costitutivo e statuto rispettino la norma se nella sostanza le modalità gestionali sono quelle tipiche di un Ente for profit.

Prosegue poi la sentenza: “Questa Corte ha in passato ripetutamente affermato che con riguardo all’IRPEG, “gli enti di tipo associativo non godono di uno “status” di “extrafiscalità”, che li esenta, per definizione, da ogni prelievo fiscale, potendo anche le associazioni senza fini di lucro – come si evince dal testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 111, comma 2 (nel testo applicabile nella specie, “ratione temporis”) – svolgere, di fatto, attività a carattere commerciale. Il disposto dell’art. 111, comma 1, del citato testo unico – in forza del quale le attività svolte dagli enti associativi a favore degli associati non sono considerate commerciali e le quote associative non concorrono a formare il reddito complessivo – costituisce d’altro canto una deroga alla disciplina generale, fissata dagli artt. 86 e 87 del testo unico, secondo la quale l’IRPEG si applica a tutti i redditi, in denaro o in natura, posseduti da soggetti diversi dalle persone fisiche: con la conseguenza che l’onere di provare la sussistenza dei presupposti di fatto che giustificano l’esenzione è a carico del soggetto che la invoca, secondo gli ordinari criteri stabiliti dall’art. 2697 cod. civ.: sulla base degli enunciati principi, la S.C. ha ritenuto immune da censura la sentenza impugnata, che aveva considerato recuperabili a tassazione, come redditi di impresa, i proventi conseguiti da una associazione sportiva, rilevando come, di fronte all’affermazione – contenuta nella sentenza stessa – secondo cui, alla stregua delle risultanze dell’accesso diretto dei verbalizzanti, i “soci” della palestra da essa gestita venivano di fatto trattati come semplici clienti di un imprenditore, sarebbe spettato all’associazione ricorrente fornire la prova contraria della natura non commerciale dell’attività svolta, prova che non poteva essere desunta dal solo statuto sociale, attestante l’assenza del fine di lucro” (Cass. n. 22598 e n. 16032 del 2005, n. 8623 del 2012)”.
In altre parole: se un Ente ritiene di poter godere di un regime agevolato (previsto dalla legge), spetterà allo stesso provare la sussistenza ed il rispetto di tutti i requisiti formali e sostanziali previsti dalla normativa di riferimento al fine di poter effettivamente usufruire del detto regime.

Ancora la sentenza: “… l’ufficio, ravvisato nella associazione lo svolgimento di attività commerciale, rilevata la mancata tenuta delle scritture contabili obbligatorie per le società con fine di lucro, ha proceduto all’accertamento induttivo ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 2, lett. c), che abilita a determinare “il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere del tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili in quanto esistenti e di avvalersi di presunzioni prive dei requisiti di cui alla lettera d) del precedente comma”“.

Conclusione: è per la Corte di Cassazione lecito il recupero a tassazione, come redditi di impresa, dei proventi conseguiti da una associazione sportiva dilettantistica sulla base della rilevazione che i “soci” della stessa vengano di fatto trattati come semplici “clienti” di un imprenditore. Sul punto infatti, come sopra precisato, spetta all’associazione sportiva dilettantistica fornire la prova contraria della natura non commerciale dell’attività svolta, prova che non può essere desunta solamente dallo statuto sociale attestante l’assenza del fine di lucro.

Per tutti coloro che intendessero verificare la gestione della loro Associazione/Società Sportiva abbiamo ideato un check di cui seguono specifiche. L’intervento proposto prevede:
– invio da parte nostra via mail di apposito questionario in formato excel;
– trasmissione sempre a mezzo mail del questionario compilato unitamente ad una copia di statuto;
– call conference su skype dedicata all’analisi del questionario, della gestione dell’Associazione ed alle eventuali criticità riscontrate, con verifica delle possibili soluzioni operative;
– predisposizione, nell’arco dei 5 giorni lavorativi successivi alla call, di apposita relazione corredata dall’indicazione delle corrette modalità gestionali.

Per maggiori informazioni sul check, cliccate QUI mettendo come oggetto “info check”.

Tutto Non Profit © riproduzione riservata – VOLETE SAPERNE DI PIÙ? Consultate le nostre Guide (cliccando QUI) e richiedete un aggiornamento periodico e approfondito sulle tematiche gestionali e giuridico-fiscali di tutti gli Enti non Profit (ASD, OdV,ONLUS, APS, SSD, …) cliccando QUI.

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4 commenti

  1. Buonasera, la nostra associazione (APS) ha la p.iva da due anni, ma non è mai andata a mostrare i bilanci alla SIAE che abbiamo saputo essere l'ente a cui dobbiamo mostrare ogni operazione sulle attività commerciali. Non che ne abbiamo avute molte (qualche centinaia di euro per uso non esclusivo dei nostri spazi), ma adesso abbiamo quasi paura ad andarci 🙁
    Paura questa dovuta anche al fatto che la nostra associazione negli ultimi due anni ha avuto poche entrate e non siamo riusciti a pagare l'iva e le tasse del 2012, abbiamo pensato di mettere le cose apposto non appena avessimo ricevuto le cartelle esattoriali, ma nulla, non sono mai arrivate. Come funziona per l'associazione, come mai non abbiamo ricevuto cartelle esattoriali? A cosa stiamo andando incontro? Insomma si parla tanto di regimi fiscali per il non profit, ma se per disgrazia non riesce a pagare cosa succede?
    Grazie infinite per le delucidazioni che saprete darmi!

    1. Buongiorno.
      Premesso che la SIAE può prendere visione del registro corrispettivi (pertanto non DEVE, ma PUO'), per quanto riguarda il 2012 temo che non vi sia possibilità di sanare, mentre per il 2013 si. Le consiglio di rivolgersi ad un commercialista al fine di trovare una soluzione. Non avesse un commercialista di fiducia, posso metterVi in contatto con il nostro.
      I migliori saluti,
      Gabriele Aprile
      gabriele@movidastudio.it

    1. Buona sera e grazie per il commento! Come ha potuto leggere nell'articolo, se invia una mail a Gabriele o a Stefano, riceverà la proposta economica.
      I migliori saluti,
      Gabriele Aprile

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