Enti Non Profit: quando un corrispettivo è istituzionale? E quando è commerciale?

Gentili lettori, a poco più di due anni dal nostro articolo (sempre attualissimo) intitolato “Come distinguere le attività istituzionali da quelle commerciali per un’Associazione“, vista la quotidiana grossa mole di richieste di chiarimento sul punto, abbiamo deciso oggi di affrontare la questione della natura dei corrispettivi versati ad un Ente Non Profit da un altro punto di vista, muovendo l’analisi dall’articolo della legge di riferimento sul punto (cliccando QUI potete visionare anche un approfondimento video sul tema).

Il testo da analizzare è dunque quello del D.P.R. 917 del 22.12.1986, comunemente più noto come T.U.I.R. (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), il quale al Titolo II, Capo III, articolo 148 stabilisce che:
1. Non è considerata commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati opartecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo.
2. Si considerano tuttavia effettuate nell’esercizio di attività commerciali, salvo il disposto del secondo periodo del comma 1 dell’articolo 143, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo comecomponenti del reddito di impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità.
3. Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozionesociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano  commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, dialtre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali,nonchè le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati “.

Ciò significa che i corrispettivi versati dai soci (tecnicamente definiti tali secondo il corretto iter di iscrizione, di cui già abbiamo parlato QUI) per la partecipazione ad attività coerenti con le finalità istituzionali ed ideali dell’Ente stesso sono da considerarsi proventi istituzionali e come tali non costituenti reddito imponibile né soggetti ad imposizione fiscale alcuna (per l’esercizio dei quali è sufficiente che l’Ente sia titolare di codice fiscale). Nel caso invece di corrispettivi provenienti da non soci oppure versati per attività/beni/servizi non rientranti nelle finalità ideale dell’Ente stesso, questi dovranno essere considerati corrispettivi commerciali, con tutte le conseguenze del caso; in particolare:
– l’Ente dovrà essere titolare di partita IVA;
– a seconda del regime fiscale di riferimento (tipico per gli Enti del terzo settore è quello disciplinato dalla legge 398/91, che abbiamo analizzato QUI, mentre QUI ne abbiamo evidenziato alcune conseguenze in tema di emissione di ricevute fiscali) dovranno essere versate le imposte sull’imponibile oltre che l’IVA;
– l’Ente dovrà presentare la dichiarazione dei redditi (Modello UNICO ENC).

In altre parole pertanto per definire con certezza la natura di un corrispettivo incassato occorrerà verificare da chi sia stato versato ed a fronte di quale attività: se proveniente da un socio per la partecipazione ad attività coerenti con le finalità ideali dell’Ente sarà da ritenersi istituzionale; in tutti gli
altri casi invece, salvo particolarissime eccezioni da analizzarsi caso per caso, si tratterà di un corrispettivo commerciale.

Per verificare statuto e modalità gestionali adottate dal Vostro Ente proponiamo un intervento che prevede:

  • invio di questionario in formato excel via mail;
  • ricezione del questionario compilato unitamente ad una copia di statuto;
  • call conference su skype (o di persona presso di noi) dedicata all’analisi del questionario, alla gestione dell’Associazione ed alle eventuali criticità riscontrate, con verifica delle possibili soluzioni operative;
  • predisposizione, nei 5 giorni lavorativi successivi, di apposita relazione, con le prassi corrette.

Per maggiori informazioni scriveteci a info@tuttononprofit.com con oggetto “info check”.

Tutto Non Profit © riproduzione riservata

Per saperne di più potete consultare le nostre Guide ed iscrivervi alla newsletter (che tratta di temi gestionali, amministrativi, giuridici e fiscali per SSD, ASD, ETS, ODV ed APS). I nostri account: Facebook (Movida Studio), Twitter (Movida Studio), Instagram (Movida Studio), Linkedin (MOVIDA SRL) e YouTube (MOVIDA SRL).

Condividi su:

(Visto 36.578 volte, 18 visite oggi)

57 commenti

  1. Il consiglio direttivo di una Asd può riunirsi e deliberare l’ammissione a socio il giorno stesso della domanda di ammissione e nei giorni seguenti riscuotere la quota associativa? Molte grazie

  2. Buongiorno,
    come studio stiamo seguendo un Associazione non riconosciuta ( solo codice fiscale) che vorrebbe organizzare principalmente feste di compleanno per non soci ( i soci sono solo 4).
    Devono presentare il modello EAS?
    I contributi che i non soci verserebbero, sono da considerarsi come attività commerciale, è corretto? Per essere legata invece ad attività istituzionale, occorerebbe che i partecipanti siano solamente soci, giusto?
    La ringrazio

    1. Buongiorno. L’articolo 148 del TUIR decommercializza i corrispettivi versati dagli associati per la partecipazione ad attività coerenti con le finalità sociali/istituzionali dell’Ente. Al di fuori di queste due condizioni (non socio ed attività non coerenti con le finalità ideali dell’Ente) il corrispettivo in questione deve ritenersi commerciale, con tutte le consieguenze del caso in termini di imposte e dichiarazioni. Cordialità, Stefano Bertoletti

  3. Salve.
    Sono socio di un’associazione di promozione sociale e tra le nostre attività svolte in diretta attuazione dei nostri scopi sociali vi è una rassegna cinematografica rivolta a soci e non soci. Chiedo se il biglietto d’ingresso venduto a soci e non soci è da ritenersi de-commercializzato. Inoltre, chiedo se è possibile chiedere il versamento della quota associativa ai non soci nello stesso momento della vendita del biglietto d’ingresso. Grazie.

    1. Buongiorno. I profili di de-commercializzazione che riguardano le Associazioni (anche quelle di promozione sociale) sono ad oggi disciplinati dall’articolo 148 del TUIR, che stabilisce che “non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti”, dal momento che diversamente i proventi incassati (da non associati o per attività connesse) sono da ritenersi commerciali, e come tali gravati da imposte ed IVA. Quanto al secondo quesito, infine, segnaliamo due nostri articoli di approfondimento: https://www.tuttononprofit.com/2013/09/come-gestire-la-domanda-di-ammissione.html e https://www.tuttononprofit.com/2014/04/approvazione-domanda-di-ammissione-a-socio-ve-l-avevamo-detto.html. Cordialità, Stefano Bertoletti

      1. Salve e grazie per la risposta. Le chiedo un’ulteriore e ultima specificazione, e cioè se, in caso di proventi incassati da non associati (per esempio, nel caso di un corrispettivo per una proiezione cinematografica, che risponde allo scopo sociale dell’associazione), l’associazione di promozione sociale deve dotarsi di Partita IVA, a prescindere dalla somma dei ricavi (siano essi 1 euro o 130.000 euro). A tal proposito (e non chiarendo del tutto il mio dubbio) il Codice del Terzo Settore afferma all’art. 86: ” Le associazioni di promozione sociale possono applicare, in relazione alle attività commerciali svolte, il regime forfetario di cui al presente articolo se nel periodo d’imposta precedente hanno percepito ricavi, ragguagliati al periodo d’imposta, non superiori a 130.000 euro”. Grazie.

        1. Buongiorno. Ad oggi i decreti fiscali attuativi del Codice del Terzo Settore (D. Lgs. 117/2017) ancora non sono stati pubblicati. Ciò posto, pertanto, occorre riferirsi ad altre previsioni normative, applicando il regime fiscale più favorevole per gli Enti di tipo associativo, ossia quello disciplinato dalla L. 398/91 (https://www.tuttononprofit.com/2014/12/legge-39891-il-regime-fiscale-agevolato-enti-non-profit-associazioni-societa-sportive.html), a prescindere dalla somma incassata (e fino ad un massimo di 400.000 euro/anno). Cordialità, Stefano Bertoletti

  4. Buongiorno,al momento siamo una piccola associazione per giochi di ruolo.
    Se incassiamo quote anche da non soci , essendo considerata questa parte come commerciale con IVA ( per ora sempre in regime 398/91) che tipo di ricevuta dobbiamo rilasciare appunto al non socio?
    Fiscale o normale con IVa comunque al22%.
    Gazie saluti
    LISA

    1. Buongiorno. Per poter gestire anche attività commerciali è necessario che l’Ente sia titolare di partita IVA, versando IVA ed imposte alle scadenze e secondo le aliquote previste dal regime fiscale di riverimento. I proventi dovranno quindi essere assoggettati ad IVA, nel caso di vendita di un servizio a soggetti terzi al 22% (https://www.tuttononprofit.com/2018/10/circolare-18e-regime-398-91-adesione-decadenza-conseguenze.html). Cordialità, Stefano Bertoletti

  5. Buongiorno, la nostra ASD, regolarmente affiliata ad un Ente Nazionale di Promozione Sportiva e riconosciuta dal CONI non ha una sede dove praticare l’attivita’ sportiva, utilizza impianti di terzi per una sera a settimana, a titolo oneroso. I soci che intendono praticare raccolgono un ammontare che va grossomodo a coprire la spesa per l’affitto relativa a quella singola sera e la versano nella cassa della associazione (circa 5 euro a testa). E’ possibile emettere una unica ricevuta al socio che effettua il versamento per conto di tutto il gruppo (normalmente una dozzina di persone)?
    Cordiali Saluti.

  6. Buongiorno, sto aprendo un’associazione di promozione sociale (con solo codice fiscale) che si occupa di intrattenere i bambini con i giochi gonfiabili. Vorrei sapere la quota associativa è considerata attività istituzionale? E l’ingresso dei tesserati/soci è sempre considerato attività istituzionale? Cordiali saluti

    1. Buongiorno. Premessa la necessità di verificare la rispondenza dei Vostri obiettivi con le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che devono caratterizzare le APS e gli Enti del terzo Settore, questo il dettato dell’art. 148 del TUIR (fintanto che lo stesso potrà ritenersi applicabile anche alle associazioni di promozione sociale, in attesa che prenda pieno vigore il Codice del Terzo Settore): “Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali …”. Quote associative e corrispettivi incassati secondo le logiche di cui sopra, pertanto, sono ad oggi per le APS da ritenersi de-commercializzati, e dunque istituzionali. Cordialità, Stefano Bertoletti

  7. Buongiorno,
    Siamo una APS con qualifica di ONLUS (senza P.IVA) che opera campo della disabilità. Vorremmo organizzare dei corsi di formazione/aggiornamento a pagamento per soci e volontari. I corsi sono per il perseguimento delle attività associative tipiche (istituzionali: corsi sulla disabilità – di gestione: ad es. corsi di aggiornamento su terzo settore). Ora, ai fini della rendicontazione sono da ritenersi attività istituzionali o decommercializzate? Sotto che voce dovrebbero figurare, “contributi ordinari e straordinari associati” (soci) o sotto la voce “incassi di natura accessoria/connessa” (volontari)? Ovviamente le quote richieste per la partecipazione ai corsi servirà esclusivamente a coprire i costi diretti necessari alla loro realizzazione.

    Vorrei sapere, inoltre, se suddetti corsi potrebbero essere rivolti anche a collaboratori di lavoro autonomo occasionale (soci e non soci) o se a causa della natura “autonoma e occasionale” delle stesse, le entrate provenienti dai corsi potrebbero essere viste come entrate derivanti da “attività commerciale”.

    Grazie e un saluto.

    1. Buongiorno. Poste le finalità per le quali può legittimamente essere costituito un Ente di tipo associativo senza finalità di lucro (https://www.tuttononprofit.com/2016/03/perche-costiuire-associazione-cosa-comporta-come-deve-essere-gestita.html), la norma che individua i requisiti per la de-commercializzazione dei corrispettivi è l’art. 148 n. 3 del TUIR, il quale stabilisce che “Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attivita’ svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attivita’ e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali …”. In altre parole i corrispettivi versati da associati per la partecipazione ad attività coerenti con le finalità istituzionali dell’Ente sono da considerarsi istituzionali e non tassati, a differenza di quelli versati da terzi, commerciali per definizione: https://www.tuttononprofit.com/2016/02/enti-non-profit-quando-un-corrispettivo-e-istituzionale-e-quando-commerciale.html. Cordialità, Stefano Bertoletti

  8. Buongiorno, siamo un’associazione culturale con CF, abbiamo partecipato ad un festival durante il quale, in un incontro pubblico, i soci hanno presentato racconti, foto ecc. (Che sono l’oggetto della ns attività istituzionale). Durante la serata è intervento anche un gruppo musicale che ha eseguito brani propri e ha fatto da “sottofondo” per le letture dei soci.
    L’organizzazione del festival chiede una fattura/ricevuta a fronte del contributo versato all’associazione, é corretto emettere una ricevuta con marca da bollo? Non considerandola attività commerciale.

    È stato pattuito con i musicisti che questi abbiano diritto ad una quota del contributo come rimborso spese, dobbiamo chiedere loro una ricevuta? O altro?

    Uno dei soci partecipanti ha chiesto un rimborso spese, è sufficiente una annotazione o dobbiamo avere ricevute/scontrini delle spese?
    Grazie mille

    1. Buongiorno. Ripondo per punti:
      – se è stato versato un contributo liberale all’associazione è possibile che venga richiesta, e dunque emessa, una ricevuta (a fronte della liberalità incassata): http://www.tuttononprofit.com/2015/07/ricevute-emesse-dalle-associazioni-10-cose-da-ricordare.html;
      – per i rimborsi, invece, sarà necessaria la presentazione delle pezze giustificative a sostegno di quelli analitici erogati, mentre non occorreranno nel caso di corresponsione di rimborsi forfettari.
      Cordialità, Stefano Bertoletti

  9. Buongiorno!
    La nostra associazione offre servizi identici a tutti i soci, senza alcun corrispettivo specifico; ogni socio gode esattamente degli stessi diritti.
    La quota associativa esiste in quattro differenti importi, determinati dall’Assemblea, che tuttavia non danno luogo a nessuna distinzione nel trattamento e nei diritti dei soci; semplicemente, ciascun socio – liberamente – decide di erogare la quota associativa che preferisce, come mezzo per sostenere, volontariamente, in diversa misura l’associazione.
    Riteniamo che il principio di democraticita’ sia rispettato, giacche’ tutti i soci hanno identici diritti, e sono sottoposti ad identico dovere: scegliere, liberamente, fra una delle quattro quote (ciascun socio ha pari facolta’ di scelta, e ciascun socio gode di identico trattamento).
    Qualcuno solleva dubbi. Che ne pensate?

    1. Buongiorno. Quote sociali differenziate possono far presuppore, in sede di contenzioso, la possibilità di trattamenti differenziati tra i soci in termini di diritti e doveri, in palese ed espressa violazione dei principi di uguaglianza e democraticità che devono necessariamente caratterizzare gli Enti di tipo associativo. Ferma restando questa necessaria premessa, sarà in ogni caso possibile per l’Ente prevedere quote sociali differenti, a patto di poter dimostrare che dette quote differenzaite non comportano differenze di trattamento tra gli iscritti, essendo riconducibili a semplici contributi liberali elargiti dagli iscritti. Cordialità, Stefano Bertoletti

  10. Buongiorno,
    abbiamo costituito Un Comitato di scopo, registrato all’Agenzia delle Entrate e dotato solo di Codice Fiscale, con la finalità di organizzare un congresso mondiale le cui tematiche sono esperienze e riflessioni educative. Tutte le quote di partecipazione servono esclusivamente per sostenere le spese relative al convegno (nessuna persona fisica sarà pagata) e se ci sarà un avanzo sarà interamente devoluto alla Onlus che sta contribuendo economicamente a sostenere spese organizzative. Ciò considerato:
    1. Le quote d’iscrizione al convegno devono essere assoggettate ad IVA o Possono essere considerate quote associative per iscriversi all’evento e rientrare nelle operazioni esenti per attività non commerciale? Sulle ricevute andrebbe messo il Bollo?
    2. Dobbiamo procedere con l’inoltro del modello EAS obbligatoriamente?
    Si ringrazia in anticipo

    1. Buongiorno.
      1 – è possibile ritenere istituzionali (e quindi detassati) i corrispettivi versati a titolo di quota associativa o per la partecipazione ad attività coerenti con le finalità istituzionali dell’Ente stesso (http://www.tuttononprofit.com/2017/02/quali-sono-le-agevolazioni-fiscali-di-un-ente-non-profit-associazione-societa-sportiva-dilettantistica.html). Sulle ricevute, se emesse (http://www.tuttononprofit.com/2013/09/esiste-lobbligo-di-emettere-ricevute-e.html), sull’orginale del documento va apposta una marca da bollo da due euro qualora l’importo superi la soglia di 77.47 euro (http://www.tuttononprofit.com/2015/07/ricevute-emesse-dalle-associazioni-10-cose-da-ricordare.html);
      2 – segnalo un nostro approfondimento specifico in cui sono indicati i casi di esonero dall’obbligo di invio: http://www.tuttononprofit.com/2016/03/modello-eas-per-associazioni-ed-enti-non-profit-ecco-tutto-quello-da-sapere.html.
      Cordialità, Stefano Bertoletti

  11. Buongiorno, e grazie per le informazioni utilissime che condividete su questo sito.
    Sto partecipando ad una APS appena nata, forniamo servizi educativi per l’infanzia (asilo nido compreso di servizio pasti a pranzo e merenda) esclusivamente ai nostri soci, ed a fronte di rette mensili, ed abbiamo uno statuto che soddisfa i requisiti elencati dal comma 8 del 148 TUIR.
    Un commercialista ci ha però detto che la nostra attività è da considerarsi comunque commerciale, e dovremo aprire P.IVA.
    Io ho forti dubbi, potreste darmi un parere?

    Grazie mille

    1. Buongiorno. Premessa la necessità del perseguimento di una finalità ideale (http://www.tuttononprofit.com/2016/03/perche-costiuire-associazione-cosa-comporta-come-deve-essere-gestita.html) ed il divieto di distribuzione diretta/indirezza di utili (http://www.tuttononprofit.com/2013/07/cosa-significa-divieto-di-distribuzione.html), questo il dettato dell’art. 148 del TUIR: “Per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati”. Si possono dunque considerare istituzionali i soli corrispettivi incassati dagli associati per la partecipazione ad attività coerenti con le finali ideali dell’Ente, mentre per gli altri (proventi commerciali) occorrerà che l’Ente sia titolare di partita IVA e versi su di essi imposte ed IVA alle scadenze e secondo le aliquote previste dal regime fiscale di riferimento. Cordialità, Stefano Bertoletti

  12. Caro Stefano, nel suo intervento del 5/10/16 sottolinea che i corrispettivi si considerano istituzionali se vengonov versati dai soci per la partecipazione alle attività coerenti col fine istituzionale.

    Se ben capisco, per un’associazione culturale che ha come finalità lo scambio culturale che “culmina” con un evento, è corretto, per l’anno in cui l’evento si tiene, richiedere ai soli associati:
    – una quota associativa, tipicamente bassa, che copre le spese di funzionamento annuale dell’associazione
    – una quota legata alla partecipazione all’evento culturale?
    O, in alternativa, la quota deve essere omnicomprensiva?

    Nel primo caso, è possibile prevedere quote di partecipazione (per interni) ridotte per giovani, nulle per gli associati organizzatori, ridotte per chi presta un’opera in prima persona o che è membro di altre associazioni dalle finalità simili?
    La ringrazio (e le faccio i complimenti per l’efficacia dei suoi interventi e degli articoli del sito web).

    Inoltre, un’associazione culturale è sempre inquadrata come APS se ha in statuto quanto richiesto nel 148 TUIR?

    1. Buongiorno. E’ possibile immaginare una distinzione tra la quota associativa (http://www.tuttononprofit.com/2015/01/quota-sociale-quota-associativa-contributo-associativo-differenze.html), corrisposta a conclusione dell’iter di iscrizione a socio (http://www.tuttononprofit.com/2013/09/come-gestire-la-domanda-di-ammissione.html), e la quota attività, versata invece per la partecipazione ad un’attività/evento organizzata/o dalla stessa associazione della quale il soggetto è socio: entrambe risultano istituzionali ai sensi del dettato dell’art. 148 del TUIR. Ragioni di opportunità portano poi a suggerire quote associative uguali per tutti, nel rispetto del principio di uguaglianza/democraticità che deve necessariamente caratterizzare gli Enti di tipo associativo. In relazione all’ultimo quesito, invece, posto che il D.L. 117/2017 ha abrogato la legge 383/2000 (che disciplinava le APS), le “vecchie” APS per poter con ragione essere definite tali dovevano necessariamente adeguare i loro statuti e le loro attività alle previsioni della legge in questione, iscrivendoisi altresì all’apposito registro. Cordialità, Stefano Bertoletti

  13. Avrei bisogno di un aiuto perchè non riesco a trovare riferimenti. Associazione culturale che ha codice fiscale e anche partita iva (che però non utilizza in quanto non svolge in realtà attività commerciali). Ha acquistato una macchina fotografica con regolare fattura quando ancora non aveva aperto la partita iva (quindi nell’intestazione troviamo il codice fiscale). Oggi vorrebbe cederla perchè non la utilizza e ha ancora un certo valore. Se la cede a una SRL cosa deve fare? fattura o ricevuta? iva si o iva no? ovviamente la vende al valore di mercato, non vuole guadagnarci ne perderci, vorrebbe semplicemente recuperare il valore della macchina. grazie mille.

    1. Buongiorno. A fronte di quanto disposto dall’art. 148 n. 2 del TUIR “Si considerano tuttavia effettuate nell’esercizio di attività commerciali … le cessioni di beni … verso pagamento di corrispettivi specifici” nonchè al n. 4 sempre del citato articolo “La disposizione del comma 3 (quella sulla de-commercializzazione dei corrispettivi n.d.r.) non si applica per le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita”, si chiarisce che la cessione sarà da considerarsi come provento commerciale per l’Ente, su cui l’Associazione dovrà versare imposte ed IVA secondo gli importi previsti dal regime fiscale di riferimento, ipotizziamo il 398/91: http://www.tuttononprofit.com/2014/12/legge-39891-il-regime-fiscale-agevolato-enti-non-profit-associazioni-societa-sportive.html. Cordialità, Stefano Bertoletti

  14. UNA ONLUS HA PARTECIPATO AD UN BANDO REGIONALE ED HA OTTENUTO UN FINANZIAMENTO PER LO SVOLGIMENTO DELLE ATTIVITA’ ISTITUZIONALI DI CUI L’80% A FONDO PERDUTO.
    NELLA RENDICONTAZIONE CHE DOVRA’ FORNIRE ALLA REGIONE POTRA’ INSERIRE ANCHE L’IVA DELLE FATTURE RICEVUTE, IN QUANTO NON DETRAIBILE?

  15. Buongiorno,
    in attesa dei decreti attuativi per rendere efficace il Codice del Terzo Settore, mi domando come comportarmi per una costituenda Associazione di Promozione Sociale che attuerebbe ancora la previgente normativa.
    Si tratterebbe di un’associazione di promozione sociale per la diffusione del benessere sotto forma di pilates e shiatsu.
    L’associazione farebbe pagare in denaro per la quota associativa una X a tutti.
    A questa X, a seconda delle attività specifiche offerte agli associati, si sommerebbe una quota in denaro Y o Z: Y per il pilates oppure Z per lo shiatsu.
    Queste attività rientranti nello Statuto sono attività istituzionale oppure commerciale oppure attività decommercializzate ?
    Ritiene debba essere aperta una posizione IVA per offrire il pilates e\o lo shiatsu, oppure potrebbero rientrare nell’attività istituzionale dell’associazione e quindi operazioni “esenti IVA” ?
    Grazie mille fin da ora per un aiuto.

    1. Buongiorno. Proprio su quell’argomento abbiamo realizzato un approfondimento specifico consultabile qui: http://www.tuttononprofit.com/2018/02/da-quando-si-applicano-le-novita-fiscali-del-codice-del-terzo-settore-alle-associazioni-117-2017.html. In assenza del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore e fatte salve le eccezioni di cui all’articolo 104 comma 1 del codice del Terzo Settore, valgono pertanto ancorale previsioni di cui all’articolo 148 del TUIR, in forza del quale “Per le associazioni … di promozione sociale … non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali …”. La partita IVA potrà essere aperta per l’esercizio di attività commerciali o comunque non rientranti nel novero di quelle perseguite per il raggiungimento degli scopi ideali dell’Ente. Cordialità, Stefano Bertoletti

  16. Buona sera
    Grazie per tutti gli articoli postati e per essere così disponibili nel rispondere ai commenti.
    Dopo aver letto un po’ mi è sorto un dubbio.Vorrei fondare un’associazione culturale ma non mi è chiaro come rapportarmi con la pubblica amministrazione.In termini concreti se io volessi realizzare delle attività divulgative(previste dallo statuto) in regime di convenzione con il comune o altri enti locali il corrispettivo sarebbe da considerare derivante da attività commerciale e quindi soggetto ad iva o sarebbe un corrispettivo non commerciale e senza iva?E in assenza di una convenzione?
    Se volessi fare attività didattiche per le scuole ,sempre in regime di convenzione e previste dallo statuto,come dovrei considerare i proventi?E in assenza di una convenzione?

    1. Buongiorno. Premesso che, in attesa dei decreti attuativi che dovranno essere ancora emanati per “comppletare” la Riforma del Terzo settore in esito al Codice del Terzo settore (http://www.tuttononprofit.com/2017/08/codice-del-terzo-settore-in-vigore-da-oggi-in-attesa-dei-decreti-e-del-registro-unico-nazionale.html), la risposta al Suo quesito è, ad oggi, da fornirsi in funzione della differenza intercorrente tra il concetto di “contributo” e quello di “corrispettivo” (proveniente da un socio o meno). Nel primo caso infatti lo stesso è da ritenersi istituzionale mentre nel secondo lo sarà solo se proveniente da un socio, per la partecipazione ad attività coerenti con le finalità istituzionali dell’Ente, o ricorrendone taluni presupposti specifici (http://www.tuttononprofit.com/2013/11/associazioni-esenzione-iva-e-tassazione-amministrazioni-pubbliche-e-scuole.html). IN mancanza detti proventi saranno da considerarsi commerciali, con tutte le conseguenze del caso in termini di imposte/IVA ed adempimenti. Cordialità, Stefano Bertoletti

  17. Buonasera siamo una asd con partita iva e regime agevolato 398.
    Ci siamo fatti sponsorizzare da poco da una ditta di trasporti con un importo di 5000 più iva con i quali abbiamo acquistato abbigliamento per i nostri soci nel quale c’è il logo dello sponsor e abbiamo avuto una spesa di euro 5670 circa (comprensivo di iva), va bene o la cifra tra sponsor e acquisto abbigliamento deve essere uguale? visto che comunque dovremo pagare il 50% dell’iva
    Grazie mille

    1. Buongiorno. Questo il testo dell’art 149 del TUIR, rubricato “Perdita della qualifica di ente non commerciale”:
      “1. Indipendentemente dalle previsioni statutarie, l’ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attivita’ commerciale per un intero periodo d’imposta.
      2. Ai fini della qualificazione commerciale dell’ente si tiene conto anche dei seguenti parametri:
      a) prevalenza delle immobilizzazioni relative all’attivita’ commerciale, al netto degli ammortamenti, rispetto alle restanti attivita’;
      b) prevalenza dei ricavi derivanti da attivita’ commerciali rispetto al valore normale delle cessioni o prestazioni afferenti le attivita’ istituzionali;
      c) prevalenza dei redditi derivanti da attivita’ commerciali rispetto alle entrate istituzionali, intendendo per queste ultime i contributi, le sovvenzioni, le liberalita’ e le quote associative;
      d) prevalenza delle componenti negative inerenti all’attivita’ commerciale rispetto alle restanti spese.
      3. Il mutamento di qualifica opera a partire dal periodo d’imposta in cui vengono meno le condizioni che legittimano le agevolazioni e comporta l’obbligo di comprendere tutti i beni facenti parte del patrimonio dell’ente nell’inventario di cui all’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. L’iscrizione nell’inventario deve essere effettuata entro sessanta giorni dall’inizio del periodo di imposta in cui ha effetto il mutamento di qualifica secondo i criteri di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1974, n. 689.
      4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano agli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili ed alle associazioni sportive dilettantistiche”.
      Cordialità, Stefano Bertoletti

  18. Buonasera, un associazione culturale senza partita iva con solo codice fiscale, che ha come scopo istituzionale la promozione della cultura sarda , organizza per conto di alcuni comuni rievocazioni storiche del periodo nuragico. I comuni corrispondono un corrispettivo per l’organizzazione dell’evento. Ovviamente per poter pagare, chiedono il rilascio di una fattura. Non essendo titolari di partita IVA come dobbiamo comportarci ? Possiamo emettere una semplice ricevuta ? E’ necessario applicare ritenuta d’acconto ? Si può considerare attività decommercializzata ? Quindi esente da IVA da ritenuta e da imposizione fiscale ? . Si ringrazia in anticipo

    1. Buongiono. L’organizzazione e gestione di attività nei confronti di terzi, non soci, che richiedono un “servizio” come quello indicato (organizzazione per conto del Comune di una rievocazione storica) si configura come attività commerciale, per l’esercizio della quale è indispensabile che l’Ente sia titolare di partita IVA e tratti i relativi proventi come commerciali, assoggettandoli pertanto al versamento di imposte ed IVA (http://www.tuttononprofit.com/2014/12/legge-39891-il-regime-fiscale-agevolato-enti-non-profit-associazioni-societa-sportive.html). Discorso diverso nell’ipotesi in cui l’Ente organizzasse detta attività in ogni caso, ricevendo un semplice contributo (pertanto istituzionale) da parte di soggetti terzi. Cordialità, Stefano Bertoletti

  19. Buongiorno se una APS ha fra i soci anche soggetti giuridici le prestazioni fornite a quest'ultimi sono da considerarsi istituzionali? Grazie

  20. buongiorno, un'associazione culturale iscritta all'anagrafe delle onlus vorrebbe prevedere per alcune categorie di soci che versano una quota associativa almeno pari a euro 400 (soci sostenitori) alcuni benefit (ad esempio dei biglietti per assistere a converti/spettacoli ad un prezzo scontato). E' corretto considerare tali introiti come attività commerciale oppure come attività istituzionale? Si fa presente che l'associazione opera nel campo della promozione di tali concerti/spettacoli e che quanto incassato viene poi utilizzato – al netto delle spese di gestione dell'associazione e previo pagamento dei biglietti dati come benefit agli associati – per acquistare i medesimi biglietti da destinare a persone svantaggiate (che è lo scopo dell'associazione previsto dallo statuto)?

    1. Buongiorno Filippo. Premessa la necessità di una disciplina uniforme del rapporto associtivo (http://www.tuttononprofit.com/2016/04/disciplina-uniforme-del-rapporto-associativo-in-una-associazione-non-profit-cosa-significa.html) oltre che di rispettare i principi di democraticità ed uguaglianza alla base degli Enti di tipo associativo (pena, tra l'altro, la perdita delle agevolazioni fiscali), i corrispettivi possono essere considerati istituzionali a condizione che vengano versati da soci per la partecipazione ad attività coerenti con le finalità istituzionali dell'Ente oppure nell'ipotesi in cui si configurino come donazioni/liberalità/contributi. All'infuori di queste ipotesi tipizzate, ferma la necessità di valutare eventualmente ipotesi specifiche, i corrispettivi sono da ritenersi commerciali, con tutte le conseguenze del caso (http://www.tuttononprofit.com/2014/12/legge-39891-il-regime-fiscale-agevolato-enti-non-profit-associazioni-societa-sportive.html). Cordialità, Stefano Bertoletti

  21. Salve, siamo una associazione culturale ed aperto il codice fiscale con "natura giuridica" 12 (assoc. non riconosciute e comitati)e Ateco 949960 (organizzaz. per promozione e difesa di animali e ambiente). I soci sono una ventina e pagano una modesta quota, non abbiamo alcun contributo esterno. Vorremmo organizzare conferenze sul tema ambientale, e tenerle in locali pubblici (biblioteche, proloco, aule scolastiche e comunali, ecc) aperte a tutto il pubblico (soci e non) completamente gratuite quindi senza pagamento di alcun biglietto nè di offerta. I relatori possono essere sia gli stessi soci che alcuni esterni a titolo gratuito. Due questioni: a) siamo soggetti all'invio di Eas? 2) dobbiamo presentare Mod. Unico ENC anche se non abbiamo alcun incasso commerciale e quindi con i quadri a zero? Grazie per le cortesi risposte.

    1. Buongiorno. Rispondo per punti:
      1 – Sono esonerati dall'invio del modello EAS (in relazione al quale Le segnalo il nostro ultimo approfondimento http://www.tuttononprofit.com/2016/03/modello-eas-per-associazioni-ed-enti-non-profit-ecco-tutto-quello-da-sapere.html):
      – gli enti associativi dilettantistici iscritti nel registro del Coni che non svolgono attività commerciale;
      – le associazioni pro-loco che hanno esercitato l'opzione per il regime agevolativo in quanto nel periodo d'imposta precedente hanno realizzato proventi inferiori a 250.000 euro (Legge n° 398/1991 – Regime speciale Iva e imposte dirette);
      – le organizzazioni di volontariato iscritte nei registri regionali che non svolgono attività commerciali diverse da quelle marginali individuate dal Dm 25 maggio 1995 (per esempio, attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito, iniziative occasionali di solidarietà, attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasioni di raduni, manifestazioni e simili);
      – i patronati che non svolgono al posto delle associazioni sindacali promotrici le loro proprie attività istituzionali;
      – le Onlus di cui al decreto legislativo n° 460 del 1997;
      – gli enti destinatari di una specifica disciplina fiscale (per esempio, i fondi pensione).
      2 – Il Modello UNICO ENC deve essere presentato a condizione che l'Ente sia titolare di partita IVA, dal momento che diversamente l'Ente non è abilitato a svolgere attività di natura commerciale.
      Cordialità, Stefano Bertoletti

  22. Buongiorno. Nel caso di una Associazione Culturale che effettui corsi di formazione (connessi con le finalità istituzionali) si può chiedere un rimborso spese (o una donazione) ai "non soci" per una quota residuale? Con il termine residuale intendo dato un totale ad esempio di 20 partecipanti, 19 sono soci e uno no.

    1. Buongiorno. Non è possibile richiedere una donazione al fine di poter consentire la partecipazione ad un corso da parte di un soggetto. Trattasi infatti di rapporto sinallagmatico tra le aprti, in cui una eroga una prestazione dietro il pagamento, da parte dell'altra, di un corrispettivo (non di una donazione …). Cordialità, Stefano Bertoletti

  23. Buongiorno,
    una ASD può svolgere QUALSIASI attività commerciale entro i limiti dei 250.000 senza perdere le agevolazioni della 398/91 come ad esempio vendere abbonamenti annui a chicchessia (NON Soci, NON Tesserati, NON Partecipanti) per usufruire gratuitamente di TUTTE le strutture del club (Campi da Tennis, Calcetto, Piscina, Biliardo, Sala carte, Ristorante, Bar, Pallavolo, etc.) oppure c'è un limite del tipo di attività?

    1. Buongiorno. Come è possibile "vendere abbonamenti annui … per usufruire gratuitamente di tutte le strutture del club"? In ogni caso una ASD può svolgere tutte le attività commerciali connesse a quelle istituzionali che meglio le consentono di raggiungere le proprie finalità ideali non lucrative. Cordialità, Stefano Bertoletti

    2. Sta dicendo che non è possibile e se lo si fa si esce dalla 398/91 perché l'attività, pur fatturandola con IVA perché commerciale, non è conforme alle finalità istituzionali della ASD?

    3. Buongiorno. Sto dicendo che VENDERE un abbonamento ad un soggetto per permettergli di usufruire GRATUITAMENTE degli spazi mi sembra che sia una contraddizione, non solo in termini. Se vendo ad un non socio/non tesserato gli incassi saranno da considerarsi commerciali e su di essi andranno versate le imposte. Cordialità, Stefano Bertoletti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *