Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche: come possono retribuire i collaboratori sportivi?

Questo articolo nasce con lo scopo di fornire uno spunto di riflessione per gli istruttori sportivi ed i personal trainers che collaborano con Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche e che non sono inquadrati come liberi professionisti.

PREMESSA
La Legislazione italiana evidenzia e privilegia (sotto molti versi giustamente) la funzione ed il ruolo sociale dello sportivo dilettante. Per questo motivo sono state introdotte dal Legislatore talune norme di legge (133/99, ora 342/00) che, considerato il forte e alto impatto sociale delle attività sportive dilettantistiche e senza fine di lucro, hanno determinato e definito aree di neutralità fiscale (o di imposizione estremamente contenuta).
I compensi erogati ex lege 342/2000 si configurano quali “redditi diversi” ai sensi dell’articolo 67 del DPR 917/86 (TUIR). Detto articolo stabilisce che per qualificare un reddito come “diverso” sia necessario che lo stesso non venga percepito nell’esercizio di arti e professioni, e nemmeno in relazione alla qualità di lavoratore dipendente. Precisa quindi, alla lettera m) di detto articolo, che non costituiscono redditi di capitale “le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici ed aicollaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche, e quelli erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall’Unione Nazionale per l’Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozionesportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto ”.

La circolare ENPALS 13/2006 poi, definisce il reddito professionale sulla base dell’esame dell’attività posta in essere, qualificandola a patto che emergano in via concorrente i seguenti indici:
1) l’attività, quantunque esercitata in via non esclusiva né preminente, si sviluppi con caratteristiche di abitualità (per la definizione si legga la Cass. Sez. III pen., 20 giugno 1988, n.1052);
2) la misura delle somme complessivamente percepite non abbia caratteristiche di marginalità.

Per comprendere dunque quali requisiti debbano essere soddisfatti per poter beneficiare della disposizione agevolativa in argomento occorre dunque distinguere l’attività sportiva dilettantistica da quella professionistica. Sul punto la dottrina più recente ritiene che la distinzione tra prestazione professionistica e dilettantistica dovrebbe avvenire sulla base del concetto di prevalenza, ricorrendo ad una valutazione da effettuarsi caso per caso e in concreto (dalla qualificazione delle singole Federazioni), in quanto la prestazione sportiva in modo continuativo e oneroso non è di esclusiva prerogativa dello sportivo professionista. In proposito si legge infatti che è “da considerarsi […] come professionistica la prestazione esercitata prevalentemente oesclusivamente dietro un compenso che fornisca la fonte principale di sostentamento all’atleta e che, in concreto, sia di importo superiore al limite imponibile, esente da I.R.P.E.F. (e non cumulabile con altro reddito) fissato per i rimborsi spesa degli sportivi dilettanti”, ed al riguardo è chiaramente richiamato il parametro di € 7.500,00).

Stanti tali premesse, a fini riepilogativi, questo risulta essere il quadro di riferimento:
– i redditi ex lege 342/2000 così come disciplinati dal combinato disposto con l’articolo 67 del TUIR si qualificano “diversi”, segno evidente che non possono rappresentare la principale fonte di sostentamento del percettore;
– tali redditi si possono percepire a condizione che lo sportivo dilettante che ne beneficia veda soddisfatto sia il requisito soggettivo da parte dell’Ente che li eroga (iscrizione al Registro del CONI) sia quello oggettivo proprio del percipiente stesso (qualificazione dilettantistica dell’attività svolta);
– i redditi “diversi” così come qualificati non prevedono contribuzione previdenziale alcuna, segno evidente che non possono rappresentare compensi di lavoro (dipendente e/o autonomo) per l’attività svolta.

Pertanto, se mi considero un professionista qualificato nel settore sportivo (istruttore sportivo, personal trainer, …) e questa costituisce la mia professione, non posso qualificarmi quale sportivo dilettante solo per usufruire degli indubbi vantaggi fiscali rappresentati da neutralità fiscale e previdenziale.

Abbiamo realizzato, al fine di fornire un ulteriore strumento di riflessione, la pubblicazione “L’istruttore sportivo e il personal trainer“, guida alla corretta gestione degli aspetti fiscali contributivi e la tutela della responsabilità, i cui contenuti sono tuttora aggiornati, nonostante l’assorbimento dell’ENPALS da parte dell’INPS.

Per tutti coloro che intendessero verificare la gestione della loro Associazione/Società Sportiva abbiamo ideato un check di cui seguono specifiche. L’intervento proposto prevede:
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